cosa sento?

cosa voglio?

cosa posso fare per realizzarlo?

mi soddisfa?

*
*
Questo, in Gestalt, si chiama 'ciclo del contatto' ed è il cuore del lavoro che il paziente fa in terapia


mercoledì 22 febbraio 2012

LABORATORIO Dee e cinema 2012 in partenza a Marzo


Illudersi e deludersi dell'altro
La gestione delle emozioni e dei comportamenti nella relazione con l'altro

7 mercoledì dal 7 marzo ogni quindici giorni
dalle 20.30 alle 22.30


Per informazioni visita il sito www.cscp.it

mercoledì 14 settembre 2011

LABORATORIO OTTOBRE-NOVEMBRE 2011


Illudersi e deludersi dell'altro

La gestione dell' ansia, della depressione e dell'autonomia nella relazione

Laboratorio esperienziale

tra archetipi femminili e cinema

Sabato 8-29 Ottobre e 5-19 Novembre


La prenotazione è obbligatoria, da effettuarsi entro giovedì 6 Ottobre:

CSCP , Firenze Tel. 055 29 46 70

info@cscp.itwww.cscp.it

Il laboratorio avrà effettivamente luogo solo a raggiungimento di un numero di iscritti sufficiente

PER MAGGIORI INFORMAZIONI

VISITARE IL SITO www.cscp.it

__________________________________

Scopo del laboratorio


Mettere attenzione sui desideri e le aspettative di cui investiamo la relazione con l'altro.


Riconoscere il proprio stile di pensiero,

sentimento e azione. Ognuna ha il proprio , e tramite esso orienta l'appagamento dei desideri e delle aspettative.


Conoscere e accogliere i diversi modi di funzionare, di ogni donna, i sette archetipi, e procedere ad un lavoro di integrazione.


Provare in modo esperienziale ad auto-riconoscersi, ma anche a sperimentare

ciò che è apparentemente distante dalla propria immagine di sè




mercoledì 21 aprile 2010

Le Dee - Serata gratuita Maggio 2010

LE DEE
Miti e modelli psicologici del femminile

Presso Associazione Lo Pan - ore 21:00-23:00 -
Via Pisana 242 R/A
Firenze
Per informarti clicca sul volantino





martedì 2 marzo 2010

Enneagramma - serata gratuita Marzo 2010

ENNEAGRAMMA
Origine ed evoluzione del carattere individuale

Firenze
Martedì 16 Marzo 2010 - ore 21:00/23:00
Presso Associazione Lo Pan
Via Pisana 242 R/A
clicca sul volantino qui sotto



mercoledì 15 ottobre 2008

Laboratorio sugli archetipi femminili

DAL 5 FEBBRAIO AL 19 MARZO 2009
Tutti i giovedì dalle 19.30 alle 22.00

LE DEE DENTRO LA DONNA

Laboratorio autobiografico sugli archetipi femminili

Artemide, Era, Afrodite, Atena, Estia, Persefone, Demetra
per attivare una consapevolezza sulla nostra storia di vita e sul nostro personale ed unico modo di ‘essere donna’.

Un percorso che intreccia scrittura autobiografica e lettura dei principali miti femminili dell'antichità, per raccontare ricordare e scoprire l'identità unica di ciascuna donna.
Le sette dee olimpiche come archetipi dai quali trarre il senso profondo dell'essere amanti, mogli e figlie. Per apprendere sia la pienezza di una femminilità accogliente, sia la ricchezza di una femminilità indipendente, concentrata su sé stessa e autonoma.
Ogni donna è un universo animato dalle divinità.

Scopri quali archetipi femminili sono attivi in te,
quali non hanno mai voce in capitolo nel tuo presente

Il percorso è aperto a tutte le donne interessate a sé stesse e alla propria relazione con il mondo, con il proprio partner, i propri figli/e, i propri genitori, la società.

A tutte coloro che tengono diari o non ne hanno mai scritto uno.
A tutte coloro che sorridono con sé stesse o che aspirano a farlo.
Tutte sono le benvenute.


Conduzione di Barbara Pesenti psicoterapeuta

Firenze Via Mannelli 83, dalle 19.30 alle 22.00

Costo totale dei sette incontri (uno a settimana): 85 Euro

Prenotazione obbligatoria: +339 7188681


Storie Intrecciate - la narrazione come arte-terapia

Il modello narrativo delle “storie intrecciate” in psicoterapia
di Barbara Pesenti

Si noti come le metafore della mente siano il mondo che essa percepisce.
(Julian Jaynes, Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza)

Dal vasto sfondo della terapia narrativa e dell’approccio gestaltico esistenziale prende corpo il modello delle storie intrecciate, che si inserisce nel vasto panorama attuale delle arti-terapie.
Inizialmente applicato nelle psicoterapie individuali con pazienti psicotici, questo modello è risultato valido, negli ultimi anni, in molti altri campi della salute mentale e in ambito formativo.
Vorrei sottolineare che a tutt’oggi le storie intrecciate non costituiscono una semplice tecnica ma un vero e proprio approccio clinico di tipo narrativo, e, pur vivendo ancora una fase di sviluppo e di sperimentazione, da parte di un gruppo di psicoterapeuti residenti tra la Toscana e il Lazio, il modello può essere considerato uno strumento raffinato e d’avanguardia per l’attenzione che pone alla relazione Io-Tu tra terapeuta e paziente.
Amedeo Galluppi, lo psichiatra fondatore del modello, lo definisce in modo piuttosto ampio, ma preciso al tempo stesso, come un modo democratico e artistico di costruire e sviluppare la relazione col paziente.
Egli parla così del suo modello di terapia: “ fu sviluppato originariamente nella relazione con pazienti psicotici. Mi riferisco all’esperienza di trovarsi con persone che non possono figurarsi (‘narrarsi’) in prospettiva, o che si ‘accorgono’ di una realtà esistenziale completamente o fortemente passiva.
Immaginiamo la relazione di aiuto come percorso di ripristino di un flusso vitale.
Con la tecnica del racconto intrecciato armonizziamo la possibilità/capacità di esprimersi in una trama di cura.
La richiesta di aiuto viene espressa sotto forma di un racconto […] La ‘storia’ si intreccia all’esperienza di vita e lega (cuce) fantasie, avvenimenti sia consci che inconsci. Paziente e terapeuta sono in un rapporto reciproco senza distinzione di ruoli.”

Le storie intrecciate sono un campo terapeutico centrato sulla produzione immaginativa, immediatamente accolta, reciprocamente sostenuta e rinforzata dal dialogo terapeuta-paziente.
Quello che caratterizza principalmente il lavoro dell’intreccio di storie sta nel fatto che terapeuta e paziente si impegnano nella narrazione di un racconto, di una storia che parte da zero. Sia nel setting individuale che di gruppo essi danno forma ad uno spazio illimitato di invenzione e di fantasia, a partire comunque da un canovaccio che rappresenta delle indicazioni di lavoro. Le intenzioni e le direzioni riguardo alla storia sono sottoposte al libero arbitrio (scelte) di ciascun narratore e alla sua capacità di scambiare e modificare il materiale a disposizione in un preciso momento.
In sostanza, la terapia poggia su un canovaccio piuttosto che su una trama precostituita, per poi sviluppare un tessuto narrativo fatto di ambienti, personaggi e azioni che viaggiano lungo una trama sottile, continuamente modellabile, rivisitabile; dove l’esperienza della coerenza, della cronologia e del significato scivola in secondo piano; dove la prospettiva interpretativa del materiale che emerge viene completamente abbandonata per lasciare spazio all’esperienza evocativa e dell’intrecciare.
“La proposta costante del terapeuta” dice Galluppi “è orientata a dare forma ad uno spazio, non limitato, di invenzione e di fantasia. In esso tutto può succedere fra con-fusione e individuazione. L’unica regola del gioco è quella della reciprocità. Si gioca, si rappresenta, si comunica con tutto il corpo. La storia è contenitrice ed armonizzatrice. Il gioco liberamente espresso, liberamente modificato porta verso una ‘direzione’, verso il progetto di cura individuato strada facendo.
Paesaggi, personaggi, vicende, scenari di interni ed esterni trovano espressione in un gioco di figure archetipiche sul terreno della metafora. Una specie di gioco degli dei...”
La scarsa importanza assegnata all’interpretazione distingue chiaramente l’intreccio di storie di Galluppi da altri approcci narrativi, la maggior parte di matrice psicoanalitica, dove l’elemento teorico e quello interpretativo risultano ancora fondamentali, anche se molto discussi tra le varie scuole di pensiero. Autori quali A. Ferro e F. Petrella mostrano ad esempio di cogliere il valore delle storie in terapia come storie fondate prima di tutto sulla relazione, e con ciò si distaccano dalla tradizione psicoanalitica.
Le storie intrecciate si sviluppano piuttosto all’interno della psicoterapia gestaltica ad orientamento fenomenologico esistenziale e, pertanto, oltre a caratterizzarsi per la creatività, l’ascolto emotivo e l’uso dell’immaginazione come risorse terapeutiche, si distinguono per la qualità non interpretativa della relazione e per la pratica dell’ epoché (la sospensione del giudizio in merito a ciò che accade e in merito alla persona). Il lavoro è imperniato su un piano essenzialmente metaforico, che assegna un ampio margine di libertà espressiva e comunicativa al modello.

martedì 16 settembre 2008

ENNEAGRAMMA secondo Claudio Naranjo


Enneagramma
Psicologia degli Enneatipi secondo gli insegnamenti di Claudio Naranjo

Conosciuta anche come Protoanalisi, la Psicologia degli Enneatipi si è sviluppata e diffusa in Occidente a partire dagli insegnamenti di Claudio Naranjo, psichiatra e psicoterapeuta cileno, che ha integrato una conoscenza e pratica spirituale antichissima (di provenienza orientale) con le esperienze della moderna psicologia occidentale.
Oscar Ichazo fu il primo ad entrare in contatto con questo tipo di conoscenza che G.I.Gurdjieff aveva appreso in Oriente come iniziato e continuava a tramandare per iniziazione esoterica in Europa. Naranjo fece la conoscenza dell’Enneagramma per mezzo di Ichazo, ne contattò la valenza spirituale e in seguito la integrò con le conoscenze occidentali di tipo psicologico, fondendo teorie della personalità, gestalt e Protoanalisi. Tale sistematizzazione ha trovato, con gli anni, la via della pubblicazione e della diffusione attraverso due testi fondamentali di C.Naranjo Carattere e Nevrosi e Enneatipi in psicoterapia (entrambi i testi editi in Italia da Astrolabio).
L’Enneagramma diviene quindi un modello, una mappa del carattere, che descrive un sistema dinamico di nove tipi di personalità (enneatipi), ben distinti tra loro ma al tempo stesso collegati e interconnessi. Ogni essere umano può riconoscersi in un unico enneatipo ma ciò non significa che gli altri otto enneatipi rimanenti non hanno nulla a che fare con lui: ognuno di essi rappresenta qualità dell’essere umano che si trovano in ciascuno di noi. Il simbolo dell’Enneagramma è il cerchio dei nove “vizi capitali” (i sette della tradizione cristiana più due) che ci appartengono tutti.
Gli enneatipi altro non sono che variazioni del malessere della persona, un malessere ben individuato in una nevrosi. Sono le diverse forme di nevrosi delle quali ognuno di noi, in vario grado, è affetto.
Claudio Naranjo parla della nevrosi, e quindi del carattere, come un oscuramento ontico, originato al momento della nascita con una conseguente perdita del sé. Di fronte a questa perdita iniziale del nostro vero sé, della nostra autenticità, ciascuno di noi, come organismo, ha strutturato una certa organizzazione psichica funzionale alla sopravvivenza del proprio sé nel mondo, ha strutturato un dato carattere, una forma basica dell’essere che non potrà più modificarsi. Il carattere può però divenire un modo via via sempre più consapevole di stare al mondo, cioè si può divorziare sempre più dal proprio carattere, ma non si potrà mai cambiarlo del tutto.
Con questi presupposti l’Enneagramma può essere considerato una visione transpersonale, o spirituale, del carattere e della nevrosi.
Viene proposta l’idea che in ciascuno di noi sia presente un tratto principale del carattere, che prende la forma di una passione dominante e di una fissazione, o distorsione cognitiva, che nella loro dinamica producono una interruzione dell’autoregolazione organismica.
Il concetto di autoregolazione organismica deriva dalla Terapia della Gestalt di Fritz Perls, ed esprime due aspetti del nostro modo di stare al mondo: l’assoluta interdipendenza di mente e corpo come un sistema dinamico e autonomo ma in relazione con i cambiamenti esterni; e la capacità di questo sistema di autoregolarsi e di ritrovare sempre un proprio equilibrio al fine di sopravvivere in modo congruente alle condizioni in cui si trova: in una parola questo significa che l’organismo possiede una sua saggezza.
La dinamica di ciascun carattere, basato su una propria passione e fissazione, interrompe questa capacità naturale dell’organismo di direzionarsi verso ciò che è meglio per lui in un dato momento, e lo costringe invece a ripetere (in modo nevrotico, appunto) una serie di ‘aggiustamenti’, di reazioni e di pensieri coatti, che risultano disfunzionali al benessere, ostacolanti rispetto al contatto autentico con quanto accade a sé e al mondo.
Guardare in noi stessi e riconoscere il tratto della nostra personalità ci permette di cominciare un cammino per liberarci dei nostri legami indesiderati e condizionamenti subiti, mettendo in funzione una consapevolezza, emotiva ed intellettuale. Tale consapevolezza si indirizza verso lo sviluppo di funzioni di supporto al nostro mondo emotivo e cognitivo, le cosiddette Virtu’. Ad ogni carattere corrisponde pertanto una Virtu' specifica che nella pratica permette di controbilanciare le spinte impulsive e coatte del carattere.
L’apprendistato e la pratica delle Virtù rappresentano il punto di arrivo del percorso psico-spirituale della Psicologia degli Enneatipi.
La Terapia della Gestalt aiuta ad ancorare al terreno del presente gli sguardi che gettiamo in noi stessi e le scoperte conseguenti.
La pratica della meditazione aumenta lo stato vitale necessario ad affrontare ogni giorno il nostro nuovo compito di “accorgerci” di quanto ci accade, di affrontarlo e contenerlo.
L’Enneagramma si rivela uno strumento di grande ricchezza per il “lavoro –su di sé” che ciascuno intende intraprendere, e favorisce il cammino verso una reale trasformazione della coscienza, che si traduce in uno stato più spontaneo e libero del sé.

domenica 7 settembre 2008

Consulenza psicologica alla genitorialità nella disabilità


La consulenza psicologica per la genitorialità si rivolge al genitore e alla coppia che si trovano ad affrontare la diagnosi (pre e post-natale) di anomalie fetali, disturbi cognitivi, malattie rare nei loro figli. E a tutti quei genitori che si trovano ad affrontare il difficile compito educativo nell'arco della crescita e dello sviluppo dei loro figli diversamente abili, compito che rivela problematiche specifiche che lo contraddistinguono.
La consulenza diviene uno spazio prezioso di espressione e condivisione del proprio vissuto e del proprio percorso, delle aspettative e delle paure che insorgono in queste particolari situazioni di genitorialità.

Il senso di una proposta consulenziale e di terapia dedicata a queste specifiche situazioni di disagio può collocarsi all'interno della riflessione riguardo ai progetti di intervento riabilitativo e di presa in carico che il panorama sociale ed istituzionale propone. Spesso circoscritti all'intervento sul bambino ed orientati alla valutazione e al risultato (per difficoltà economiche ed esigenze di scientificità di vario tipo), comportano nella pratica una riduzione della complessità del fenomeno “disabilità” a unità più semplici, tra di loro poco raccordate: un approccio più simile a quello bio-medico che a quello bio-psicosociale.
Tale linea di tendenza è in parte anche legata, chissà, alla scomodità politica di investire in programmi di formazione e aggiornamento di più alta qualificazione per operatori e specialisti.

Un’ottica di più ampio respiro, e di più ampi obiettivi, appare invece fondamentale per comprendere il problema ed intervenire sul disagio delle famiglie e dei loro ragazzi.
La disabilità dei ragazzi non è un fattore trattabile a sé, fa parte del “sistema disabilità” di cui le famiglie sono gli attori principali; non c’è modo di intervenire efficacemente parcellizzando l’intervento, cioè isolandone gli elementi e gli obiettivi.

I genitori sono l’anello mancante con cui è necessario dialogare e intessere una relazione fatta di fiducia, consapevolezza e responsabilità.

Lo spazio di consulenza e terapia dedicato ai genitori “in condizioni di disabilità” lega il suo senso alla percezione chiara di un bisogno al quale la comunità stenta a rispondere, per motivi di diversa natura, e dalla constatazione che le richieste d’aiuto formulate dai genitori (presso i servizi territoriali e le cooperative) sono di solito centrate sul problema presente nel figlio, molto raramente sulle proprie difficoltà come persona e come genitore. E' un dato comprensibile, data la complessità della situazione e l'esiguità delle risorse sociali a disposizione per fronteggiarla.

L’esperienza maturata a fianco di famiglie con questo tipo di problematiche convoglia nella relazione d’aiuto offerta dal professionista psicologo e psicoterapeuta a titolo privato.
L'obiettivo è strutturare uno spazio di ascolto, accoglienza e condivisione che miri a sostenere la persona e la coppia attraverso la relazione con il professionista.
Grazie alla relazione si può cominciare ad intravvedere quello che c’è nel momento presente e ad attraversarlo.

La metafora del ponte, per esprimere questo spazio relazionale d'aiuto si presta bene a cogliere l'esperienza del passaggio, dell’attraversamento, da una data percezione del problema ad un’altra, da una volontà ad un’altra, ed è la metafora della scoperta di tutti quei temi, quei vissuti e quelle direzioni imprevedibili di cui si diviene man mano consapevoli.

Narrazione, terapia e libertà


"La libertà è però a portata di mano di chiunque: si chiama responsabilità, cioè scelta nelle infinite opzioni comportamentali di quella che è la direzione voluta, assunta a proprio rischio e pericolo"
[P. Quattrini]

Partiamo dall'assunto che l'essere umano fonda il proprio senso di esistenza sull'attività narrativa della sua mente. Ognuno di noi costruisce il senso della propria vita attraverso il racconto ininterrotto che di essa fa, a sè stesso e agli altri, dal giorno della nascita fino a quello della morte. Per sentirci integri, coesi, unici seguiamo il bisogno naturale di raccontare la nostra storia e di farcela raccontare, in vari modi, da qualcun altro.

In questo senso parliamo di esistenza narrabile. (vedi A.Cavarero, Tu che mi guardi, tu che mi racconti, Feltrinelli)
Un’esistenza narrabile è sempre un’esistenza libera, possiede cioè infinite possibilità di realizzazione, infinite versioni del proprio realizzarsi. ‘Assumere’ una versione tra le infinite che abbiamo a diposizione, scegliere una direzione piuttosto che un'altra vuol dire servirci di quanto è disponibile per raggiungere ciò che desideriamo. Questo fa di noi degli uomini e delle donne vivi, consapevoli e responsabili. In ciò manifestiamo ed esprimiamo la libertà di cui siamo dotati per natura. Non sempre ci riusciamo, altrimenti non esiterebbe la nevrosi, eppure questa è la direzione, profondamete umana, in grado di renderci migliori, farci sentire bene, dare valore alla nostra esperienza della realtà.

Questa posizione di scelta e pratica della libertà implica sempre l’assunzione di un rischio poichè in ciò che è possibile non c’è mai niente di garantito. Nessuno di noi può conoscere a priori sè stesso e quello che gli accadrà. Si possono fare delle ragionevoli stime, ma per quanto solerti e accurate siano non colmeranno l'imprevedibile. Eppure, solo in questo modo, con un brivido di timore a fior di pelle, dicendo “sì”, approfittiamo della libertà di cui godiamo.

La terapia della gestalt ad orientamento fenomenologico elegge questo senso del vivere a pratica terapeutica, e l'approccio narrativo lo assume ancor più fondandosi interamente sulla terapia come intreccio di metafore e creazione di storie.
Con la terapia narrativa viviamo nel flusso naturale del fare storie, nel flusso della nostra storia, quella che in quel momento ci appassiona, ci interessa, quella in cui crediamo pur non vedendola ancora per intero (impossibile, altrimenti sarebbe già conclusa).

E’un lavoro attraverso il quale si diventa via via consapevoli delle scelte e dei costi. In questo modo andiamo in cerca della libertà e la sperimentiamo.

In un setting terapeutico, entrare in un racconto, fare un racconto, identificarsi con i personaggi del racconto ha il senso di aiutare ad intravedere le alternative, le opportunità rispetto alla soffocante e ristretta visuale che viene normalmente adottata, e che così condiziona i movimenti del presente.

Detto in altre parole: narrare squaderna la mente. Prepara all’espressione, allena all’azione, e in gestalt diventa vero e proprio teatro in cui intraprendere gesti, atteggiamenti, muovere passi in direzioni inconsuete, insomma un palcoscenico sul quale si prova a cambiare per migliorare il proprio vivere.
Lavorare con la narrazione di storie significa lavorare per promuovere la libertà narrativa della persona (che coincide in fondo con la libertà tout court), e in ultimo significa fare di questa libertà il fondamento del cambiamento.
E’ un importante cambiamento di prospettiva in terapia, come afferma Quattrini:

“Non è il destino che ci fa diventare quello che siamo, ma la nostra capacità di scegliere, ossia di gestire l’organismo psicofisico. E’ quello che si chiama libero arbitrio […] il concetto di libero arbitrio è fondamentale. La psicoterapia affonda la sua operatività proprio nel libero arbitrio, specialmente quella appoggiata su un’ottica fenomenologica esistenziale.
Qui il significato del passato cambia: non può più essere considerato un fattore che determina il presente in modo meccanico, ma una base da cui si parte per ricostruire narrativamente le vicende di una persona. Non si richiede perciò un’analisi oggettiva di ciò che è accaduto: diventa centrale la verità narrativa e non quella storica.” [P.Quattrini,
Fenomenologia dell'esperienza, Zephyro, 2007)

Si tratta di inseguire un piano di volontà e di desiderio piuttosto che un piano di verità e di ragioni, e significa compiere un passaggio difficile dalla certezza che incolla i piedi al terreno conosciuto all’indeterminatezza carica di tensione nella quale si può finalmente prendere slancio.
Credo sia di grande aiuto a compiere questo passaggio accettare di svuotarsi, accettare il silenzio interiore senza tentare di riempirlo, creare spazio interno il più possibile depurato di auto-accuse, di giudizi, di facile moralità. Questo allenamento, che la pratica di meditazione ad esempio rende possibile (vedi C.Naranjo, La via del silenzio, la via delle parole, Astrolabio, 1999), permette di ‘scendere’ ad un livello di consapevolezza, prima di tutto sensoriale e percettiva, che rimette in circolo le spinte vitali. Non credo sia facile accettare di vivere nel cambiamento (sebbene sia l’unica vita sana possibile) dato che si parte, usualmente, da una grossa sottostima della nostra mutevolezza.
Nel buddismo si trovano testimonianze di tutt’altro avviso:

“Come dice Daisaku Ikeda: ‘nel Buddismo si insegna che la mente di ognuno fluttua ottocentoquaranta milioni di volte al giorno. Le alterazioni della nostra vita sono, in altre parole, infinite. La propria vita è una successione di esempi momentanei di caldo, freddo, dubbio, piacere, tristezza, e altre condizioni”
[R.Causton, I dieci mondi, Esperia, 2006]

La consapevolezza che la vita cambia di momento in momento e che l’instabilità, malgrado segua un ciclo riconoscibile, è condizione naturale, non eccezione, ha in sé un valore di grossa portata. Personalmente, avverto questa condizione come qualcosa di liberatorio. Non occorre più affannarsi tanto per mantenere lo status quo, il minimo che soddisfa una vita di sicurezza e protezione.
Tornando alla narrazione, l’esercizio di scrittura, di composizione poetica, di co-costruzione di storie come molti altri strumenti di tipo artistico-narrativo segnano l’esperienza di apertura, sperimentazione e cambiamento direttamente connessa con l’esperienza della libertà.
Sono dell’avviso che dalla libertà interiore alla libertà relazionale, arrivando sino al livello delle battaglie civili per la libertà, il salto non sia poi così lungo.
Si tratta di affinare la percezione poetico-metaforica che abbiamo di noi stessi e della realtà che abitiamo.


"Tentare di comunicare sensazioni e non solo concetti…stabilire nuovi rapporti e nuovi riferimenti…
…disorientare; per permettersi di orientare nuovamente, in modo possibilmente autonomo, mediante la propria attitudine, con maggiore e rinnovata consapevolezza; al fine di conquistare, per scelta, non solo spazi di pensiero ma anche luoghi di vita meno dipendenti rispetto a modelli di produzione e di consumo dominanti…
…portare le cose al di fuori dei luoghi per le quali sono state create…
Io cerco più la suddivisione delle responsabilità, che significa che chi era abituato a fare poche cose deve aumentarle, e viceversa, quelli che gestiscono molto potere dovrebbero fare un passo indietro. Si tratta di far assimilare equilibri diversi…"
[Raffaello Pallone, Legata alle mie ali, Il Filo, 2007]

martedì 2 settembre 2008

A che scopo la psicoterapia?


La psicoterapia della Gestalt è un tipo di terapia basata sull'esperienza della relazione, sullo scambio di metafore e di emozioni, nel pieno rispetto di ciò che ognuno è. Nella piena sospensione del giudizio.
La psicoterapia aiuta a trasformare l'immagine che si ha di sè stessi, non sè stessi. Nel senso che noi ci riveliamo sempre per quello che immaginiamo, da molto tempo, di essere. Rimanere incastrati nell'immagine che ci siamo fatti di noi, legata a ciò che gli altri hanno sempre detto e pensato di noi, risulta essere, col tempo, un ostacolo alla spontaneità dell'essere e una fonte di dolore. Si parte da qui per sviluppare il cambiamento di sè.

La psicoterapia gestalt, come momento di qualità creativa della relazione fra persone, invita a schiodare l'immaginazione, a destrutturare gli schemi, in una parola: a de-costruirci.
A partire dai vissuti, nella loro piena accettazione ed approfondendone l'espressione, con il corpo e con metafore, essi via via si chirificano ed integrano. Si ancorano finalmente ad una realtà che corrisponda al desiderio e alla volontà.

Se è vero che non si possono mai cambiare le nostre emozioni si può certamente cambiare il nostro modo di agire, favorendo nuove esperienze, per poi stare a vedere quello che di nuovo succede.
Con stupore.

Psicoterapia della Gestalt ad orientamento fenomenologico esistenziale

La mia foto
CONSULENZA PSICOLOGICA E PSICOTERAPIA individuale, di coppia, di gruppo * ** * INCONTRI E LABORATORI SU: modelli archetipici femminili e maschili, sogno, carattere, narrazione autobiografica, sessualità*** VISITA IL MIO SITO: WWW.CENTROCONTATTO.ORG